La primissima parola che viene in mente quando si parla di artigianato avianese è sicuramente “scalpellino”. Sì, perchè Aviano vanta una tradizione molto antica di lavorazione della pietra partendo proprio dalla sua estrazione in cava. Ce lo racconta Ferdinando “Nandino” Cipolat Gotet, ultimo scalpellino rimasto, che rappresenta la quarta (quarta!) generazione di scalpellini della famiglia Cipolat Gotet. La sua famiglia possedeva una delle tre concessioni demaniali che producevano la famosa Pietra di Aviano, una pietra calcarea che Nandino definisce gelina, cioè che non teme il freddo, e tende a scurirsi un po’ col tempo. Sapete dove potete trovarla? Nei palazzi storici di Aviano, nel campanile, nella chiesa, nella scalinata del Teatro dell’Opera di Vienna, nei ponti della linea ferroviaria Venezia-Trieste e nei frangionde di Punta Santa Margherita a Caorle
Sapete come si scelgono i blocchi di pietra più adatti ad un determinato scopo?
Solo uno scalpellino con molta esperienza può sapere se un blocco è di qualità e quindi se può essere usato per scolpire. Si basa tutto sul suono di alcune mazzate che si danno al blocco: se si sente un rumore sordo, allora il blocco presenta delle crepe all’interno e non può essere utilizzato per scolpire.
…Ma lo scalpellino scolpisce?
Non proprio: lo scalpellino è specializzato soprattutto nella sbozzatura del blocco, ovvero smussa il blocco estratto dal cavatore dandogli una forma iniziale per poi lasciarlo nelle mani dello scultore che lo rifinisce con i dettagli.
È un lavoro umile quanto necessario e faticoso. Fin dagli anni della Repubblica di Venezia (1600 d.C. circa), gli scalpellini hanno avuto un ruolo fondamentale nella costruzione dei palazzi e di molti elementi architettonici riconoscibili ancora oggi nei paesi, come gli archi e le travi degli ingressi dei cortili contrassegnati con l’anno di costruzione e le iniziali dello scalpellino che lo ha realizzato o di chi ha commissionato il lavoro.
Il tutto richiedeva una forza lavoro enorme e moltissimo tempo, anche a causa della strumentazione che si usava: pensate che Ferdinando, il nonno di Nandino, negli anni ‘50 fu il primo ed unico scalpellino della zona ad avere il filo elicoidale a sabbia silicea per tagliare la pietra, ovvero un “filo” composto da tre cavi attorcigliati a spirale all’interno dei quali scorreva una miscela di acqua e sabbia di silice che permettevano di tagliare il blocco alla velocità di circa 8 cm all’ora… immaginate voi!
Ovviamente con il passare degli anni gli strumenti si sono evoluti permettendo un’estrazione molto più efficace e veloce, ma il migliore amico dello scalpellino resterà sempre la mazzetta o mazzuolo, il tipico martello che ogni vero scalpellino possiede, con il quale ha iniziato a scolpire il laip - la ciotola per abbeverare i maiali - per prendere confidenza e imparare a coordinare mazzetta e punta, con il quale ha rubato¹ il mestiere per il quale era predisposto.
Un mestiere fatto di fatica, responsabilità e molta attenzione. Allo scalpellino viene insegnato a pensare bene prima di agire, a misurare tre volte per fare un taglio, perché sbagliare significa ricominciare.
Dove trovare altri lavori di scalpellini al giorno d’oggi:
marmo: pavimentazioni, lapidi, rivestimenti dei palazzi, piani della cucina e molto altro
Note:
¹ imparato osservando e provando
Per scoprire di più su Nandino e la storia della sua famiglia vi consigliamo la lettura del libro "Una Storia Collettiva" di Sigfrido Cescut reperibile presso la Biblioteca Civica di Aviano
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