“ Ogni ape porta in sé il meccanismo dell’universo: ognuna riassume il segreto del mondo. “
(Michel Onfray)
Secondo Einstein, se le api morissero all’uomo resterebbero solo quattro anni di vita sulla Terra. Com’è possibile? Beh, in realtà è semplice: le api sono responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali viventi presenti sul pianeta, e di conseguenza del 35% della produzione globale di cibo.
Pietro Ventura è uno degli apicoltori che si prendono cura delle api e si impegnano per rispettare il loro naturale ciclo di vita.
Sapete cosa succede durante la vita di un’ape?
Nell’alveare, l’ape regina depone migliaia di uova, giorno e notte, che restano incubate per 21 giorni. Al termine dei 21 giorni, l’ape operaia assume diversi ruoli sia all’interno dell’alveare (o dell’arnia) che all’esterno, in base allo sviluppo di diversi organi:
Dapprima, diventa un’ape spazzina, addetta alla pulizia delle celle destinate alla covata o al miele, alla lavorazione della propoli e all’allontanamento dal nido di api e altri insetti morti.
L’ape diventa poi nutrice quando inizia a produrre pappa reale e nutre le larve della covata (qui si fa la prima distinzione tra le api che diventeranno delle operaie e l’ape che è destinata ad essere la futura regina: quest’ultima continuerà ad essere nutrita con la pappa reale, le altre invece verranno svezzate con altri cibi).
Dal sedicesimo giorno di vita, precisamente da quando inizia a secernere cera dalle ghiandole ceripare poste sotto l’addome, l’ape diventa ceraiola: il suo compito è quindi quello di “imbiancare”, ovvero costruire nuove parti dell’alveare con la cera (di colore bianco, da qui il nome) che producono per seguire l’accrescimento della famiglia nella bella stagione che fornisce abbondanza di nutrimento
L’apicoltore, notando le costruzioni bianche verso il basso, deve fornire altro spazio alle api aggiungendo telaini all’interno dell’arnia
Finalmente, l’ape può uscire dall’alveare diventare esploratrice: lasciandosi guidare dall’odore e dal colore dei fiori grazie alle loro antenne (che sono organi tattili e sensoriali allo stesso tempo!) volano fino a 3km di distanza dall’alveare per scoprire nuove aree di bottinatura, cioè zone di fioriture costanti che permettono di ottenere nettare in quantità e frequenza rilevanti.
Una volta tornate all’alveare, le api esploratrici comunicano attraverso una danza aerea l’esatta posizione della loro scoperta alle api bottinatrici, che raccoglieranno il nettare o altro nutrimento nella zona di bottinatura.
Tutti questi ruoli possono anche essere assunti in momenti diversi della loro vita, e non per forza in quest'ordine, a seconda delle necessità dell’ape regina e delle altre api.
Affascinante la loro danza, vero?
Attraverso di essa, infatti, le esploratrici non comunicano solo la posizione dell’area scoperta, ma anche la qualità e soprattutto il costo energetico per le bottinatrici in termini di vento favorevole o contrario al volo: le loro ali infatti si consumano molto velocemente a causa dell’attrito con il vento, e questo determina la loro breve vita nei mesi caldi (ovvero il periodo in cui volano maggiormente).
L’apicoltore, per agevolare questo ciclo di vita, si adopera per curare e spostare le arnie dal risveglio delle api in primavera fino al ritorno in letargo.
È proprio durante i mesi di operatività delle api che si produce il miele, sapete come?
Pietro ci ha spiegato che il miele può essere raccolto così come le api lo hanno prodotto assieme al favo interno (che è commestibile!) oppure lo si può ottenere dalla smielatura dei favi sigillati e accuratamente scelti - in modo che ne rimanga un numero abbondante per garantire il nutrimento delle api nei mesi invernali. Prima di tutto si rimuovono le api e si trasferiscono i favi scelti in uno spazio dedicato dove api e altri insetti non posso entrare. Con un coltello riscaldato si rimuove la cera dal telaio facendo molta attenzione. A questo punto si ripongono i telai nello smielatore, un macchinario che sfrutta la forza centrifuga per estrarre il miele puro da far riposare per eliminare eventuali bolle d’aria e poi invasettare.
I vasetti vengono poi mandati in laboratori per farli analizzare e capirne la composizione: ad esempio, se un vasetto contiene almeno il 51% di fiori d’acacia, allora quel miele sarà di fiori d’acacia.
A proposito di fiori, anche noi possiamo fare la nostra parte per aiutare le api: piante e alberi da frutto, fiori e molto altro vanno benissimo per fornire alle api diversi tipi di nettare
Con diversi tipi di nettare, si possono fare diversi tipi di miele. Ad esempio, Pietro produce miele di tarassaco, acacia, castagno, millefiori, tiglio, millefiori di alta montagna, melata, rododendro e lampone, a seconda di dove posiziona le sue arnie.
Oltre al miele, dalle sue arnie ricava anche la cera d’api per le candele, la propoli, il polline e la pappa reale.
È importante conoscere e rispettare le api per capire che sono fondamentali per la nostra vita e l’ambiente della Terra, che un piccolo esserino con le ali determina il destino di un intero pianeta e di tutti i suoi abitanti.
Qualche link interessante per approfondire:
Per scoprire di più su Pietro e l’Apicoltura Avianese:
Via Alcide de Gasperi, 22 - 33081 Aviano PN
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